DUSKday 2006
Orvieto
23-24 sett. 2006


L'intervista a John Mayhew


L'ospite forse più atteso della seconda edizione del Duskday era John Mayhew, il batterista di Trespass ricomparso dal nulla dopo oltre 30 anni. Ecco alcuni estratti dell'intervista rilasciata al pubblico di Orvieto, tra Mino Profumo e Mario Giammetti.


- Traduzione di Massimo Satta


 

Mario Giammetti: Come ti è capitato di lavorare per i Genesis?

John Mayhew: Suonare in una band era diventato uno stile di vita, un modo di vivere. Suonavo in una band, dunque era ovvio passare ad un’altra band. Avevo fatto parte di gruppi blues, rock’n’roll, pop, tutti i tipi di band che trovavo sulla mia strada, non con l’idea di diventare ricco e famoso e cose simili, ma per continuare a suonare in una band e quello stile di vita. Quindi dicevo a tutti che suonavo in gruppi e devo averlo detto alla persona giusta, perché mi mise in contatto con questa band sconosciuta chiamata Genesis che era alla ricerca di un batterista. Io lavoravo come carpentiere e un giorno, al ritorno dal lavoro, la mia ragazza mi disse: ‘un tipo di nome Mike Rutherford ti ha cercato e richiamerà alle 6’. Così, quando telefonò alle 6 corsi giù per le scale, presi in mano la cornetta e lui cercò di convincermi a entrare a far parte dei Genesis (ride - ed), che ai tempi non erano molto famosi o conosciuti. E io ero molto interessato, appena sentii quel nome, Genesis, in un certo modo sentii, non chiedermi il perchè, che sarebbero diventati qualcosa. Era un nome che suonava giusto, quindi andai all’audizione, venni ammesso nella band e il resto è storia!

MG: E’ vero che provavate 11 ore al giorno per 6 mesi?

JM: Beh, non smettevamo mai di provare. Ogni volta che avevamo un giorno libero provavamo per 11 ore al giorno e tutto era perfetto. Nulla di quello che sentite oggi è avvenuto per caso. Non c’è improvvisazione, tutto era stato elaborato alla perfezione.

MG: Hai ricordi del periodo trascorso nel cottage di MacPhail?

JM: Molti, in realtà. E’ il posto dove è avvenuto quasi tutto. Per un breve periodo ho fatto prove a casa di Anthony Phillips , poi un amico della band, Richard MacPhail aveva un cottage, una piccola casa e provammo là per circa 10 mesi. C’era una piccola biblioteca, lessi George Orwell e tutti questi libri… Cos’altro successe… ah ah... lunghe camminate. Era in campagna, dove si poteva fare una bella passeggiata rinfrescante di mattina. Come potrete forse vedere dalle fotografie, era inverno; quando si usciva la mattina a camminare mi ricordo che c’erano impronte di animali sulla neve. E’ stato un tempo molto felice sebbene io avessi dei problemi. Non abbiamo avuto discussioni, litigi o cose del genere. In realtà è stato tutto molto civile.
 

MG: Chi era ai tempi la forza trainante dei Genesis ?

JM: Penso che sia giusto dire che in realtà ce n’erano quattro. Non penso che nessuno attendesse che fossero gli altri a dirgli cosa doveva fare. A tutt’oggi non so come siano arrivati a comporre le melodie, perchè Tony Banks era solito presentarsi alle prove, iniziare a suonare e aveva la canzone già tutta strutturata. Tutto quello che dovevo fare io era accompagnare la canzone alla batteria. Probabilmente aveva un’interazione con Peter Gabriel per quanto riguarda i testi, ma penso che la musica venisse composta per prima e poi seguivano le parole, non credo che i testi venissero scritti prima.

MG: Come arrangiavi le parti di batteria sulle canzoni? Erano tue intuizioni o qualcuno ti diceva cosa fare?

JM: In larga parte ero io a decidere quello che avrei suonato e se loro avevano delle riserve lo cambiavo. A volte erano loro a dirmelo, ma principalmente suonavo nelle canzoni nel modo in cui mi sentivo .

MG: Ci hai detto a Londra in maggio che hai scritto parte del testo di Looking For Someone…

JM: No, penso che sia meglio non attribuirsi questa cosa, perchè in realtà non mi posso ricordare bene. E’ come trovarsi in una semplice conversazione dove intervieni e dici: ‘Oh , ho quest’idea o quest’altra’, ma dire che ho proprio scritto o aiutato a scrivere le canzoni non è vero.

MG: No, non la canzone ma solo parti del testo.

JM: No, davvero, non è per dire che non ho avuto nulla a che fare con la composizione delle canzoni. Come dire, possono essere state due parole o un verso, o qualcosa del genere.

MG: Quindi sei stato coinvolto in qualche modo nel processo di composizione delle canzoni?

JM: Non posso dire di ricordarmi in modo significativo di essere stato responsabile di testi, anche se credo che ci siano state delle volte in cui questo è successo. Mi conosco dal punto di vista musicale, almeno in quel periodo, ma non posso davvero ricordarmi, ho detto quello che dovevo dire per quanto riguarda la creazione delle canzoni, ma non sono stato artefice di parti consistenti delle canzoni. Come ho già detto, c’erano quattro compositori di talento che cercavano di proteggersi e avevano opinioni ben definite riguardo alla direzione che la musica doveva prendere, quindi ero molto cauto e cercavo di non dire troppo e mi limitavo a farlo quando avevo qualcosa da dire, non mi ritenevo mai un autore anche se poi qualcosa ho composto. Ma dire che ho realmente avuto a che fare con la costruzione della musica dei Genesis, direi di no.

MG: Facciamo un gioco. Ti nominerò ogni membro dei Genesis e mi dirai qualcosa di loro come musicisti e personalità… Iniziamo con Peter Gabriel.

JM: Peter era… come si può dire… balbettava e trovava molto difficile essere aperto ed espansivo. Non era una persona molto chiassosa, ma lavorava duro. Scriveva sempre appunti su pezzetti di carta, testi di canzoni. Arrivai in questa stazione ferroviaria del sud Inghilterra dove feci il provino ed entrai in un taxi di Londra, e c’era Peter Gabriel che scriveva su un pezzo di carta testi per una canzone, per esempio! Aveva un carattere molto forte ma non era una persona rumorosa.

MG: Anthony Phillips.

JM: Anthony era la persona della quale avevo più paura. Era un così grande lavoratore. Era determinato ad avere le chitarre sempre bene accordate. Era quello di cui pensavo: beh, devo essere bravo come vuole lui, altrimenti non sono abbastanza bravo! Ma era anche così sensibile, potevi vederlo nella sua faccia, aveva lineamenti molto delicati ed era un chitarrista molto delicato. Era qualcuno da prendere come modello.

MG: Hai incontrato Anthony a maggio… che impressione ti ha fatto?

JM: Per trentasei anni ho avuto questa idea che in qualche modo io avevo deluso i Genesis e quando ci siamo incontrati a Londra, Anthony mi ha detto una cosa completamente diversa, che non li avevo traditi e che non ero stato responsabile di avere limitato la loro creatività o cose del genere. Sì, mi ha messo davvero a mio agio.

MG: Mike Rutherford.

JM: Mike Rutherford, il gentleman! Vestiva sempre con un completo nero, cosa che negli anni ’60 non era molto di moda. Ma era sempre calmo. Poteva sempre risolvere i problemi. Non faceva mai il difficile. E’ sempre rimasto lo stesso. E a cena, seduti a tavola (non mangiavamo del cibo molto buono, più che altro sopravvivevamo (ride - ed), sbucciava quel formaggio olandese con la cera, sai il Gouda, ne faceva una piccola pallina e poi la tirava da una parte all’altra del tavolo.

MG: Tony Banks.

JM: Beh, Tony è nato nel mio stesso giorno e non parlava molto se non quando strettamente necessario ma era chiaramente la forza trainante del gruppo con quei meravigliosi riff che suonava, ogni volta creava qualcosa di nuovo e fresco. La sua musica era eccitante e piena di colori, ma lui indossava sempre un pullover grigio! Stava seduto dietro le tastiere e faceva scorrere questo fiume continuo di splendidi  lick e riff e la sua musica aveva uno standard superiore alla media direi.

MG: Corrono voci che sia stato Tony Banks a decidere di cambiare batterista…

JM: Beh, a dire il vero non so chi abbia preso la decisione e chi fosse favorevole o contrario, sospetto che ci fossero più favorevoli che contrari, ma alla fine fu Peter a chiedermi di andarmene.

(spettatore): Hai avuto la possibilità di vedere i Genesis dal vivo dopo la tua partenza?

JM: No.

MG: Ti ricordi altre canzoni registrate in quel periodo che non sono finite su Trespass e sul boxed set?

JM: Beh, a parte il nastro fatto per la BBC, non ricordo altri demo. I Moody Blues ci volevano sulla loro etichetta discografica. Abbiamo registrato qualcosa con loro ma non ricorso nulla di particolarmente prezioso. Facevamo solo cose che poi avremmo registrato comunque. Se c’era dell’altro materiale, adesso proprio non me lo posso ricordare.

(spettatore): Sei a conoscenza dell’asta su Internet dei Jackson Tapes?

JM: No, uso Internet da poco e non ho sentito niente del genere.

MG: Sapevi che parte del materiale dei Jackson Tapes è stato pio utilizzato in seguito dai Genesis (se ne trovano frammenti su The Musical Box oltre all’intera Anyway da The Lamb Lies Down On Broadway?

JM: No, non lo sapevo.

MG: Hai mai avvertito una differenza tra te e i membri dei Genesis per il fatto che tu provenivi da una classe sociale diversa?

JM: Chiaramente c’erano problemi che entrambe le parti cercarono di superare. Loro si portavano ancora dietro tracce della loro educazione ed istruzione ed io cercavo di migliorarmi non cedendo all’apatia riguardo alla mia classe sociale. Non penso ci sia stata una barriera tra noi. Volevo soltanto essere migliore. Bisogna superare queste cose. Ci si trova in una serie di circostanze e le due parti provano ad incontrarsi a metà strada. Sapevamo tutti come stavano le cose. Ci provarono. Ero io a dovermi adeguare al loro livello, naturalmente, ma stava a loro non essere troppo superbi ed altezzosi, e non lo furono, furono molto gentili con me. Non mi offesero, non fecero nulla di tutto ciò. Provarono veramente a superare le ovvie differenze.

MG: Alla fine le royalties di Trespass maturate in tutti questi anni ti sono arrivate?

JM: Si, sei settimane fa! A qualcuno servono degli Euro?

(spettatore): Puoi portarci tutti al ristorante!

JM: Per prima cosa comprerei il ristorante.

MG: Sei sparito per più di 30 anni. Cosa hai fatto in questo periodo?

JM: Beh, come molti di voi sapranno, sono emigrato in Australia. Mi sono sposato due volte. Non ho avuto figli. Ma ho sempre amato fare cose manualmente. Sono un carpentiere di professione ma sono anche un artista e in seguito sono andato in un college in Australia ed ho imparato a fare scenografie per film e teatri ed un designer e così via, ma per molti di noi non c’è molto lavoro in Australia ed è una professione sovraffollata, così ho finito per creare una linea di mobili dipinti a mano del 17° e 18° Secolo Francese. Ma molta arte francese ha le sue radici nel design italiano, come ho scoperto. Quindi questo è quello che ho fatto, ho cercato e trovato quello che mi rende felice e mi farà felice da vecchio. Adesso ho 59 anni.

MG: Basta con la batteria?

JM: Basta con la batteria. Forse per i fan, sì!

MG: A maggio ci hai raccontato di questo viaggio sul treno con un bagaglio troppo pesante da trasportare…

JM: Avevo troppa roba da portare in giro. Dovevo portare con me questa cosa enorme, che sembrava un mobile. Se anche avessi avuto una macchina, non avrei potuto lasciare la batteria lì dentro perché me l’avrebbero rubata.

(spettatore): Ti ricordi che marca di batteria usavi?

JM: Si, avevo una Ludwig e i miei piatti preferiti sono i Zildjan, non i Paiste, sono troppo morbidi. Gli Zildjan hanno quel piccolo anello... Usavo un set basilare, con un solo tom.

MG: Cosa fai adesso?

JM: Vivo in Gran Bretagna per il momento, a Glasgow, in Scozia. Non chiedermi come ci sono arrivato, è una lunga storia e non ha niente a che vedere con i Genesis. Ora che ho i soldi tornerò in Australia, dove un mio amico ha una grossa proprietà terriera. Circa 5 ettari di terra con una casa sulle montagne dietro Sydney. Tornerò là e andrò a vivere nella casa. Costruirò un laboratorio e ricomincerò a fare dei mobili. E’ il mio progetto. Se qualcuno mi si presentasse con un progetto valido e fattibile per registrare musica di nuovo lo farei, ma non so se avrebbe un qualunque valore commerciale. Guarda cosa succede a Dale Newman. E’ un musicista eccellente e adesso trova difficile vendere le sue cose perchè i Genesis hanno cambiato un po’ genere. O meglio il pubblico si è spostato su altre cose, non i Genesis, ma credo che se i Genesis si riformassero avrebbero ogni possibilità di avere un certo successo. Ma per quanto riguarda me (ride - ed) non lo so, non c’è nulla di programmato, niente!

(spettatore): Che tipo di musica ascolti?

JM: Non sono un ascoltatore serio. Ascolto solo la radio e lascio ad altri la scelta del canale. Amo cercare i canali, ma ogni giorno ho molta gente in casa (ride - ed). Entrano, si siedono, bevono, fumano e li lascio mettere su la musica che vogliono loro. Ma arrivando qui, stavo suonando più spesso la musica dei Genesis; credeteci o no li sto scoprendo adesso. Me li ero lasciati un po’ alle spalle, in passato.

(spettatore): Ricordi qualcosa degli spettacoli dal vivo dei Genesis?

JM: Ricordo che mi sentivo sicuro che le  prove fatte col gruppo fossero state positive. Sai, eravamo assolutamente sicuri di quello che facevamo perché non c’era spazio per l’improvvisazione. Suonavamo come avevamo fatto nelle prove e la cosa mi piaceva, non amo troppo la libertà di improvvisare. Ci sono molte persone che lo fanno, ma mi piaceva il modo di lavorare dei Genesis. Era un piacere suonare con loro.

(spettatore): Ti ricordi di qualcuno che ha filmato questi spettacoli?

JM: Sì, sì! Mi ricordo che il concerto di Chalk Farm venne filmato e avvenne anche alla  Round-House di Londra, dove eravamo in programma con David Bowie e con i Black Sabbath.

John Mayhew in his own words:
Riascoltiamo la viva voce di John Mayhew nella prima parte dell'intervista al Duskday 2006, trascritta qui a lato.
 
 
 
 

 

 

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